La lettera inviata da tre esponenti della Regione è legata al piano di rilancio predisposto dell’azienda che vorrebbe riavviare gli impianti.
In pressing sul governo per rilanciare il primo anello della filiera dell’alluminio. Ossia, la raffineria dell’Eurallumina, l’azienda controllata dalla russa Rusal, che a Portovesme si occupava, sino alla fermata nel 2009, di produrre allumina (la materia prima da cui si ricava alluminio primario) dalla raffinazione della bauxite. A sollecitare un intervento dei ministri Adolfo Urso (Mise), Gilberto Pichetto Fratin (Mite) e Marina Elvira Calderone (Lavoro e Politiche Sociali) sono Alessandra Zedda, vice presidente e assessore regionale al Lavoro, Anita Pili Industria e Gianni Lampis Difesa dell’Ambiente.
La lettera inviata dai tre esponenti della Regione è legata al piano di rilancio predisposto dell’azienda che vorrebbe riavviare gli impianti per la produzione di allumina proprio a Portovesme, dopo un programma di sistemazione degli impianti e una serie di investimenti per circa 300 milioni di euro. Nel corso degli anni, per mantenere in piedi il presidio e assicurare l’integrazione ai lavoratori, l’Eurallumina ha speso circa 200 milioni di euro, una media di 20 milioni l’anno.
L’inizio della vicenda nel 2009 con lo stop agli impianti della raffineria che, per la sua capacità produttiva di 1,07 milioni di tonnellate l’anno di allumina, viene considerata dagli esperti una delle più grandi d’Europa. A determinare la fermata, gli alti costi dell’olio combustibile, necessario per la produzione di vapore, il calo drastico del prezzo dell’allumina e l’aumento della bauxite. Quindi, dopo poco tempo, l’avvio delle attività propedeutiche alla riaccensione degli impianti con progetti e protocolli nazionali. Sulla strada anche quello, poi accantonato, per la realizzazione di una centrale di cogenerazione a carbone, seguito da quello di vapordotto in grado di collegare gli impianti Eurallumina con quelli della vicina centrale elettrica, e infine il gas.